venerdì 18 marzo 2016

Scena 30 - Poi si vedrà- Isteria da solitudine


Scena 30
Isteria da Solitudine

Erano passate circa ventiquattro ore da quando i medici avevano rianimato Alice e Sophie le aveva passate tutte seduta al suo fianco su una scomoda sedia di legno. Aveva gli occhi stanchissimi, a malapena riusciva a tenerli aperti, in volto gli si erano disegnate due occhiaie marcatissime. La stanza in cui era appoggiata Alice aveva una parete quasi completamente in vetro che lasciava intravedere il corridoio e la gente che passava. Erano diversi giorni che Sophie portava gli stessi panni. Alice era collegata tramite dei fili che gli correvano per tutto il corpo a un macchinario poggiato su un carrello con quattro ruote che permetteva di spostarlo a seconda dell'esigenza con un enorme display sul quale era visualizzato il suo battito cardiaco. Settantaquattro battiti al minuto. Finalmente il suo cuore risposava sereno, uno spicchio di sole si posava sul suo letto e le riscaldava la mano destra. Nella stanza regnava il silenzio assoluto, si sentivano solamente i respiri affaticati delle due donne. Nell'aria c'era odore di sofferenza, non sofferenza fisica, ma sofferenza che partiva dall'interno, che scuarciava l'anima e la riduceva in tanti brandelli, soprattutto Sophie stava soffrendo maledettamente, si domandava sempre, in continuazione il perché tutto quel male non fosse capitato a lei che ormai era una donna vissuta e invece si fosse abbatturo su Alice che era ancora una ragazza e che aveva ancora tutta la vita davanti i propri occhi. Molte volte duranti quelle notti al fianco di sua figlia Sophie se effettivamente Dio esistesse, se realmente tutto ciò che stava vivendo avesse un fine, uno scopo o se era tutto insensato, se tutti siamo destinati a vivere senza senso una vita che da un giorno all'altro ci può calpestare e uccidere. Domande esistenziali, senza risposta che gettavano Sophie sempre di più nello sconforto, era allo stremo e aveva bisogno di qualcuno con cui parlare altrimenti sarebbe impazzita completamente.  Sophie aveva il cuore lacerato che batteva a fatica. Dalla porta si udì bussare leggero, tre tocchi di nocca sul legname che risuonarono come una sveglia per Sophie che sobbalzò sulla sedia e tirò in su la testa. La porta si aprì, era il dottor Tyle <<Come va?>> accenò un sorriso <<Un po' meglio finalmente>> Il medico chiuse la porta alle sue spalle e si diresse verso l'anziana donna <<Sophie lei ha bisogno di riposo, ha degli occhi che si reggono a fatica, il viso e la testa martoriati dall'idea che sua figlia a quest'ora poteva già non esserci più, penso sia ora che vada a casa si faccia una doccia e una bella dormita>> <<Non esiste, nemmeno per sogno...>> <<Ma guardi che qui abbiamo ottimi infermieri che sapranno prendersi cura ottimamente di sua figlia>> <<No! Sto bene, non ho bisogno di dormire!>> <<Guardi non mi costringa a farla cacciare fuori, prenda le sue cose vada a casa e si riposi un po' poi domani potrà ritornare quando vuole>> Così Sophie si convinse, si girò di spalle al dottore, prese le sue cose e con aria contrariata aprì la porta e se ne ando senza nemmeno lasciargli un saluto. Rimasto solo con Alice il dottor Tyle si avvicinò al suo lettino e gli accarezzò il viso, la pelle liscia era pallidissima, gli occhi socchiusi, sembrava finalmente che stesse realmente riposando,  di  donne così giovani e già cosi forti non se ne vedevano tutti i giorni i giorni.

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