venerdì 15 aprile 2016

"Il ritorno"- Romanzo- Scena 31


"Il ritorno"

Sophie cacciò le chiavi dalla borsa e scelse quelle della porta di casa e aprì. All'interno trovó tutto cosi come lo avevano lasciato, scaglie di vetro dappertutto, la scena era di quelle che che si vedono nei piu' terrificanti film horror hollywoodiani. Devastata, questo e' il termine piu' appropriato per descrivere la casa che Damian e Alice avevano costruito con tanto amore per far si che li crescesse la propria famiglia. Sophie poggio' le chiavi sul tavolo della sala da pranzo e si incamminò verso il bagno. Lasciò la porta socchiusa, tanto era da sola in casa. Si guardò allo specchio, rimase lì a fissarsi per circa dieci minuti, in silenzio, senza pensieri. Era stanca, molto stanca, aveva i capelli tirati in dietro in una lunga coda per garantirsi la comodità nell'assistere la sua adorata figlia. Girò la manovella della doccia nel verso dell'acqua calda, e subito il bagno si riempì di vapore denso. Si tolse le vesti e si mise immediatamente sotto il getto di acqua calda, nel silenzio risuonava il "fruscio" della doccia. Si blocco qualche istante con il volto sotto il getto, il caldo dell'acqua la rilassava. Chiuse l'acqua dopo una buona mezz'ora, si racchiuse all'interno di un grosso e morbido accappatoio di cotone bianco e si diresse in cucina. Sul parquet suonavano i suoi piedi nel camminare, nella dispensa trovò solo mezzo pacco di pasta, la cucinò. Dopo aver mangiato poggiò il piatto e le posate nel lavandino e si incamminò verso la camera da letto di Damian e Alice. Passando per la sala da pranzo vide da lontano le sue amatissime Lucky Strike, si precipitò a prendere il pacchetto, per sua fortuna c'erano ancora otto sigarette, ne prese una e se l'accese con il suo Zippo. Arrivò in camera e si lasciò andare sul letto, dopo pochi secondi una lieve cappa di fumo danzava per tutta la stanza. Sophie vedeva a fatica, il sonno la stava divorando, la stanchezza si faceva sentire. Nella sua mente girovagava sempre la scena di Sophie accerchiata dai medici che cercano di rianimarla. Un dolore atroce per una madre, immaginare che la sua bambina è stata praticamente "morta" per alcuni secondi, un dolore troppo forte. Tutto ciò pero era reso più sopportabile dal fatto che Alice era comunque ancora lì, sulla terra, non aveva abbandonato ne lei e ne sua nipote, sapva che comunque ora l'attendeva una lunga cura riabilitativa, ma tutto, col tempo, si risolve. Sophi si mise a fissare incessantemente il soffitto, incominciava a pensare anche a Damian che in quel momento si trovava in Vietnam a rischiare la vita. La piccola Sophiee si ritrovava quindi ad avere due genitori incerti riguardo alla loro, e alla sua vita futura. Iniziò a canticchiare una canzoncina che le ricordava il suo texas, sulle note di quella melodia, le palpebre gli si chiusero lentamente fino a sprofondare in un sonno profondo.
Passarono un paio di ore, gli occhi si riaprirono lentamente, davanti a se si ritrovóvil dolce viso angelico della sua nipotina Sophie che le stava sorridendo. Due secondi, il tempo di comprendere ciò che stava succedendo e subito si illuminò immediatamente anche il suo volto con uno splendido sorriso << Sophie piccola mia che c'è perche mi hai svegliato?>> La bambina continuava a sorridere senza un apparente motivo, strano, forse era ?solamente il sorriso innocente e ingenuo di una piccola bambina innocente. Sophie sentiva freddo, talmente tanto freddo che gli si gelava il sangue nelle vene, subito aprì un cassetto dell'armadio di fronte al letto per cercare una maglietta per coprirsi le spalle. Aprì il primo cassetto, vuoto. Aprì il secondo cassetto, vuoto. Il terzo, vuoto. Spalancò le ante dell'enorme armadio in ciliegio, vuoto. Sentì un sospiro caldo sul collo, si girò di scatto, Sophie era scomparsa, d'un tratto si sentì un fuoco dentro, non aveva più freddo, ma continuava ad avere la pelle d'oca. Fece un passo sul pavimento ghiacciato, incominciò a respirare affannosamente, il cuore incominciò le corse. Ripeté lo stesso gesto, un passo alla volta, lentamente, passo dopo passo, giunse alla porta,era spalancata. Sul suo volto si disegnarono diverse gocce di sudore,freddo, ghiacciato, la paura la stava per fare sua. Nella porta non si vedeva nulla, solo buio pesto. "Nonna! Nonna! girati!" di colpo la donna si girò, ma la bambina ancora una volta non c'era. "Nonna! Nonna! sono qua!" la voce proveniva dal buio della porta, continuava a ripetere "Nonna! Nonna!" Sophie si avvicinò di nuovo alla porta, la voce diventava sempre più forte, sembravano quasi grida. "Dimmi amore mio dove sei?" "sono qua Nonna, vieni" Sophie non sapeva se entrare in quel buio, ma l'amore per la sua nipotina ebbe il sopravvento. Fece il primo passo nel buio, con calma, aveva il volto lucido dal sudore. Allungò le mani nel buio, tentava nel nulla, ma non toccava niente, cercava l'interruttore sulla parete, la superficie della parete era calda e liscia. Niente, nessun interruttore, doveva calarsi nel buio più cupo. "Nonna!" si sentì ancora una volta pronunciare nel vuoto. "Eccomi, sto arrivando Sophie" La donna fece coraggio e si buttò nel buio completamente. Si sentì tirare la gamba. "Chi è!?!" Gridò l'anziana donna, il cuore pulsava sangue a più non posso. La paura la stava devastando. Alla sua domanda non rispose nessuno, "Sophie, dove sei?", ma ancora una volta non ebbe alcuna risposta. Sophie cominciò a tremare, il freddo era ritornato, il terrore la stava ghiacciando. "Nonna dai ti sto aspettando" Risuonò ancora una volta nel vuoto, i passi della donna diventavano sempre più veloci, quasi una corsa disperata che non giunge mai al termine. Disperata, la donna cominciò a piangere mentre i passi diventavano sempre più spediti, nel nulla. Decise di fermarsi per provare a tornare indietro, ma una volta voltatasi si accorse che la porta era scomparsa. "Dove cavolo sono" pensò preoccupata, davanti a lei si accese una luce improvvisa, illuminava la piccola Sophie che continuava a sorridere come poco prima nella camera da letto, ora però quel sorriso era piuttosto tenebre e continuava a terrorizzare l'anziana donna. "Sophie, finalmente, dove eri finita?", nessuna risposta.
Si svegliò di colpo, completamente sudata in volto, con il cuore che batteva all'impazzata e la pelle d'oca. Era stato solamente un incubo, un terrificante incubo che era riuscito a spaventare anche una donna della sua esperienza.

venerdì 18 marzo 2016

Scena 30 - Poi si vedrà- Isteria da solitudine


Scena 30
Isteria da Solitudine

Erano passate circa ventiquattro ore da quando i medici avevano rianimato Alice e Sophie le aveva passate tutte seduta al suo fianco su una scomoda sedia di legno. Aveva gli occhi stanchissimi, a malapena riusciva a tenerli aperti, in volto gli si erano disegnate due occhiaie marcatissime. La stanza in cui era appoggiata Alice aveva una parete quasi completamente in vetro che lasciava intravedere il corridoio e la gente che passava. Erano diversi giorni che Sophie portava gli stessi panni. Alice era collegata tramite dei fili che gli correvano per tutto il corpo a un macchinario poggiato su un carrello con quattro ruote che permetteva di spostarlo a seconda dell'esigenza con un enorme display sul quale era visualizzato il suo battito cardiaco. Settantaquattro battiti al minuto. Finalmente il suo cuore risposava sereno, uno spicchio di sole si posava sul suo letto e le riscaldava la mano destra. Nella stanza regnava il silenzio assoluto, si sentivano solamente i respiri affaticati delle due donne. Nell'aria c'era odore di sofferenza, non sofferenza fisica, ma sofferenza che partiva dall'interno, che scuarciava l'anima e la riduceva in tanti brandelli, soprattutto Sophie stava soffrendo maledettamente, si domandava sempre, in continuazione il perché tutto quel male non fosse capitato a lei che ormai era una donna vissuta e invece si fosse abbatturo su Alice che era ancora una ragazza e che aveva ancora tutta la vita davanti i propri occhi. Molte volte duranti quelle notti al fianco di sua figlia Sophie se effettivamente Dio esistesse, se realmente tutto ciò che stava vivendo avesse un fine, uno scopo o se era tutto insensato, se tutti siamo destinati a vivere senza senso una vita che da un giorno all'altro ci può calpestare e uccidere. Domande esistenziali, senza risposta che gettavano Sophie sempre di più nello sconforto, era allo stremo e aveva bisogno di qualcuno con cui parlare altrimenti sarebbe impazzita completamente.  Sophie aveva il cuore lacerato che batteva a fatica. Dalla porta si udì bussare leggero, tre tocchi di nocca sul legname che risuonarono come una sveglia per Sophie che sobbalzò sulla sedia e tirò in su la testa. La porta si aprì, era il dottor Tyle <<Come va?>> accenò un sorriso <<Un po' meglio finalmente>> Il medico chiuse la porta alle sue spalle e si diresse verso l'anziana donna <<Sophie lei ha bisogno di riposo, ha degli occhi che si reggono a fatica, il viso e la testa martoriati dall'idea che sua figlia a quest'ora poteva già non esserci più, penso sia ora che vada a casa si faccia una doccia e una bella dormita>> <<Non esiste, nemmeno per sogno...>> <<Ma guardi che qui abbiamo ottimi infermieri che sapranno prendersi cura ottimamente di sua figlia>> <<No! Sto bene, non ho bisogno di dormire!>> <<Guardi non mi costringa a farla cacciare fuori, prenda le sue cose vada a casa e si riposi un po' poi domani potrà ritornare quando vuole>> Così Sophie si convinse, si girò di spalle al dottore, prese le sue cose e con aria contrariata aprì la porta e se ne ando senza nemmeno lasciargli un saluto. Rimasto solo con Alice il dottor Tyle si avvicinò al suo lettino e gli accarezzò il viso, la pelle liscia era pallidissima, gli occhi socchiusi, sembrava finalmente che stesse realmente riposando,  di  donne così giovani e già cosi forti non se ne vedevano tutti i giorni i giorni.

mercoledì 27 gennaio 2016

Scena 29-Poi si vedrà- Un sogno simbolico

Scena 29

"Un sogno simbolico"


I soldati furono accompagnati in una stanza nella quale c'erano delle brande, che gli sarebbero servite per la notte. Damian non ci pensò due volte, si slacciò gli anfibi e si lasciò cadere sulla branda. I muscoli si rilassarono immediatamente, dopo tutto il cammino che avevano fatto era anche normale che cercassero riposo. Poggiò la testa sul cuscino riempito di foglie e in men che non si dica si ritrovò nel mondo dei sogni.
<<"Damian...Ehi ,dai svegliati, è tardi!">> <<"Dai Alice lasciami dormire , per una mattina che non vado al lavoro !">> <<"Si ma avevi promesso a Sophie che l'avresti portata al parco-giochi!">> si rigirò dall'altro lato <<"Dammi due minuti e sono sveglio...">> <<"Va bene , intanto ti preparo la colazione, ti aspetto in cucina">>. Damian aprì lentamente gli occhi, era nella sua stanza, la radio era accesa e trasmetteva il telegiornale delle 10:00, si sollevò e si sedette sul letto, la testa gli faceva terribilmente male, sentiva i muscoli atrofizzati e aveva una sonnolenza incredibile. Sulla gamba destra aveva una benda che gli stringeva intorno alla coscia. Slacciò la medicazione e vide la ferita, sembrava essere una ferita di un proiettile, provò a toccarla, ma niente, il dolore era acutissimo. Si mise in piedi ma camminava a fatica per via della ferita. Scese le scale con evidente difficoltà.<<"Damian, finalmente, siediti e fai colazione ">> disse Alice non appena lo vide in cucina. <<"Alice, cos'è questa ferita che ho sulla gamba ?">> <<"Come ? non ricordi come ti sei ferito? Non ricordi di quel cecchino, in Vietnam ?">><<"Sinceramente ...No">> <<"Ahh Damian stai invecchiando velocemente maritino">> ridacchiò Alice <<"Ma Sophie dov'è ?">> Alice si fermò di colpo. <<"Damian , come Sophie dov'è, stai scherzando vero ?">> <<"No, sto semplicemente domandando dove si trova mia figlia ">> <<"Damian realmente non ricordi che nostra figlia non c'è più da quasi cinque anni ormai ?">> << Ma... come... tu mi hai detto di scendere di fretta perchè dovevo accompagnarla al parco...">> <<"Oddio Damian...">> <<"Alice cosa c'è">> <<"Damian...ma...stai impazzendo">> <<"NO! Ricordo benissimo quello che mi hai detto!">> . Improvvisamente vide entrare dalla porta entrò una bambina con in mano una bambola con i capelli ricci, gridò <<"Papà!Papà! giochi con me ?">> <<"Certo Sophie, chiama anche mamma così giochiamo tutti insieme">> <<"Damian ma stai parlando da solo...">> disse Alice <<"NO! sto parlando con Sophie... >> <<Sophie è m...">> <<" NO! Non è morta , è li che chi mi sta chiedendo di giocare">> <<"Damian chiamiamo un dottore">> <<"ASSOLUTAMENTE NO, NON SONO PAZZO!">> D'un tratto come per istinto Damian prese il posacenere di vetro che era poggiato sul tavolo e lo scagliò contro Alice. La colpì dritto alla tempia, Alice si zittì e cadde a terra pesantemente. All'improvviso tutto scomparve. Alice,Sophie, la sua casa, tutto era scomparso e ora si ritrovava al centro di un'immensa stanza bianca , in un silenzio assurdo sentiva la voce del suo pensiero. La voce rassicurante di sua moglie disse <<"Chiudi gli occhi Damian">> <<"Alice, dove sei ? sento la tua voce ma non ti vedo">> <<"Ti fidi di me?">> <<"Certo">> <<Allora chiudi gli occhi e immagina un qualsiasi bel momento nel quale siamo felici tutti e tre e riaprendo gli occhi ti ritroverai immerso da spettatore in quella scena">> Damian ubbidì e non appena riaprì gli occhi si ritrovò nel luna-park nel quale aveva portato Alice e Sophie l'estate appena passata. Era una bellissima giornata e loro stavano giocando in piscina. La voce si risentì <<" Vedi come eravamo contenti tutti e tre insieme ? Ridevamo, scherzavamo, giocavamo e ci divertivamo. Il destino ci ha diviso fisicamente, ma il nostro legame è talmente forte da poterci rincontrare nei sogni, se non ci credi prova ad accarezzare un po Sophie e vedi se è vero ciò che ti dico">> Damian allora allungò la mano verso Sophie per accarezzarla.
Aprì gli occhi. Aveva il sole che gli baciava il petto e una parte del viso, la testa gli pulsava a ritmo col cuore, fece scorrere la mano sulla barba che si era infoltita, stropicciò gli occhi ed esclamò <<" Cazzo...">>.


mercoledì 23 settembre 2015

Scena 28- Poi si vedrà- Romanzo

Scena 28



"Pericolo scampato"



Il primo dottore che si affacciò nella stanza aveva un viso giovane, occhi azzurri, capelli biondi, mascella scolpita, era accompagnato da cinque infermieri. Si chiamava Jonh Tyle, era stato uno dei più giovani a diplomarsi, conclusa la laurea aveva trovato subito lavoro. Era uno dei medici più rinomati di tutti gli Stati Uniti, apparso migliaia di volte su tutti i più importanti giornali di medicina, apprezzato anche dai colleghi più vecchi. Il dottore entrò nella stanza di fretta, con il camice che gli svolazzava intorno in stile mantello, sul quale era apposta una targhetta con sopra il suo cognome. Si rivolse alla madre di Alice dicendo<<”Signora mi dica cosa sta succedendo”>> <<”Dottore! Alice si sta svegliando!>> <<”Mi dia un secondo che le do un'occhiata, lei può accomodarsi fuori dalla stanza per cortesia ?”>> <<”Certo l'importante è che le dia un'occhiata immediatamente”>> <<”Certo, non si preoccupi, ci lasci lavorare”>> Sophie si incamminò velocemente verso l'uscita chiudendo la porta dietro di se.
Intanto anche il dottore Bendy si era svegliato e assisteva comodamente seduto dalla sua sedia a tutto l’operato del giovane collega senza dire nemmeno una parola, osservò tutto, da come si muoveva fino alle parole che aveva usato per far uscire Sophie, era uno scrutatore molto attento.
Il dottore si avvicinò al letto con sopra Alice e gli osservò attentamente gli occhi, si muovevano in continuazione, il loro movimento era strano, come se volessero comunicare qualcosa, d'un tratto si fermarono e Alice chiuse gli occhi. Il respiro si fece sempre più veloce, come il cuore che aveva aumentato in una maniera incredibile il numero di contrazioni al minuto. Qualcosa non stava andando nel verso giusto. Il cuore di Alice si fermò. Il dottor Bendy deglutì freneticamente quelle gocce di saliva che gli erano rimaste sulla lingua. Il dottor Tyle sobbalzò un secondo, poi ordinò ad un infermiere di correre a prendere un defibrillatore ma nella fretta si dimenticò la porta della stanza aperta. Fuori c'era Sophie che già da un po’ sospettava qualcosa perché si sentivano troppi rumori. Dalla porta l'anziana donna poté ammirare la scena bruttissima di cui stava facendo parte Alice. Il giovane dottore di corsa sbottonò la camicia da notte della paziente e inizio il massaggio cardiaco. Intorno a Alice si formò uno scudo di infermieri che assisteva e aiutava il massaggio cardiaco. Sophie, nel corridoio dell'ospedale , si inginocchiò di colpò, con le mani che coprivano il volto, stava accadendo tutto troppo velocemente, non aveva nemmeno il tempo di fare mente locale .
Il dottor Tyle afferrò di fretta il defibrillatore stacco le placchette di sicurezza poste sugli elettrodi e accese il defibrillatore. Sulla parte anteriore c’erano dueluci verdi se ne accese prima una e poco dopo si accese anche la seconda , il defibrillatore era pronto per la scarica. Il dottore fece allontanare tutti dal letto , compreso il respiratore elettrico dov’ era presente una bombola d’ossigeno che avrebbe potuto esplodere a contatto con la corrente elettrica. <<”3…2…1…VAI!>> arrivò la prima scarica. Il misero corpo di Alice sobbalzò leggermente per poi ricadere delicatamente sul letto. Avvicinò l’orecchio al petto ma il cuore ancora non aveva ripreso a battere, c’era bisogno di un’altra scarica. Di corsa riprese gli elettrodi e li riattaccò nella posizione consona, attese che si riaccendessero le due luci e rilasciò la seconda scarica, per la seconda volta la paziente sobbalzò e poi ricadde sul letto, questa volta quando il dottore riavvicinò le orecchie al petto sentì finalmente il battito del cuore, finalmente ce l’avevano fatta .
Sophie da fuori era rimasta senza voce e senza lacrime talmente tante le lacrime che aveva cacciato durante l’intervento disperato dei medici. Un infermiere si allontanò dal lettino e si diresse verso l’anziana donna <<”Signora ce l’abbiamo fatta”>>, il viso di Sophie si sollevò a fatica , affranta, <<”Grazie…”>>

mercoledì 19 agosto 2015

Romanzo-Poi si vedrà-Scena 27

"Amici"

Il sole aveva appena iniziato a far sentire la sua presenza sui volti dei militari, eppure erano già pronti per continuare il cammino. Damian non aveva chiuso occhio quella notte, pensando alla sua famiglia. Raccolsero tutti i loro oggetti e si misero in cammino verso ovest. Il freddo gelido della nottata stava via via lasciando spazio ad un terribile caldo umido, percorsero circa 7 km prima di fermarsi in una sorta di villaggio che si trovava nella boscaglia. Era composto da una decina di minuscole 'case' (se così possono essere chiamate), nelle strade correvano a destra e sinistra bambini completamente pelle ed ossa ma felici.
Questo era l'altra faccia del Vietnam, persone per bene che vogliono solamente vivere in pace, villaggi composti da centinaia di persone che vivono ancora a contatto con con la natura, sfruttando tutto quello che ha da offrire. Le donne trasportavano enormi cesti pieni di frutta in testa, gli uomini si davano alla caccia e al lavoro nei campi. Il gruppetto di soldati capitanato da Damian entrò cautamente nel villaggio temendo la reazione delle persone. Continuavano a passo lento, tutti gli occhi erano su di loro, li fissavano tutti, e nessuno spiccicava una parola. D'un tratto si avvicinò a loro un uomo dalla piccola statura, pelle ed ossa anch'esso, aveva i capelli e la barba completamente bianchi. Esclamò contro gli americani delle parole che alle loro orecchie furono completamente incomprensibili. Damian si distaccò dal gruppetto e si ritrovò faccia a faccia con quello che molto probabilmente era il capo villaggio, con le mani cercava di mostrargli la bandiera logora che portava sulla divisa e cercò di far capire a quell'uomo chi fossero <<”siamo americani, portiamo la pace, riesce a capirmi ?”>>. L'uomo fece uno strano cenno ed esclamò delle frasi nella lingua locale . Dalle sue spalle partì una ragazza. Capelli castani,occhi castani, fisico 'mangiato' dal lavoro, si fermò alla destra dell'anziano e disse <<”Salve, benvenuti nel villaggio di Mikli-tai, perché arrivate nel nostro qui ?”>>. Vedendo che quella ragazza parlava l'americano abbastanza bene Damian fece un sospiro di sollievo perché questo voleva dire che potevano comunicare le proprie intenzioni benefiche senza problemi <<”Siamo soldati dell'esercito americano, siamo qui di passaggio, io sono l'ufficiale Scott questi sono i miei ragazzi, ci stavamo dirigendo verso il nostro campo di ritrovo che dovrebbe essere a poca distanza da questa zona, ripeto che non vogliamo far del male a nessuno”>> <<”Ah siete americani...gli ultimi americani che sono passati di qui ci hanno decimato lo sapete? Siamo sopravvissuti per miracolo, hanno ucciso uomini,bambini e donne, senza alcuna distinzione, utilizzando la stessa brutalità sia per l'uno che per l'altro. Siamo una civiltà ospitale, cerchiamo sempre e comunque di accettare chiunque entri in questo villaggio, ma voi “marines” ci avete cambiato, ci avete insegnato che non si può essere gentili con chiunque, siete stupidi credete che ogni singolo vietnamita abbia la testa rivolta alla guerra … non è così”>> la ragazza iniziò a piangere<<”Mio padre ...per essere ospitale con un americano è stato ucciso, 14 colpi di un fucile gli hanno trapassato il corpo, il tutto davanti a me, e ringrazio chissà quale Dio che mi ha salvato la vita... noi non vogliamo essere come voi, ma dovete darci una prova della vostra bontà e del reale  perché voi siate qui”>> <<”Siamo qui ,lo ripeto, solamente di passaggio, volevamo solamente trascorrere la notte in questo villaggio, domani all'alba ripartiremo. Non so chi sia stato a uccidere tutte queste persone, chiunque sia stato, vi porto le più sincere scuse dall'America ...e..”>> <<”Ah lei crede che bastino delle scuse”>> interruppe la ragazza <<” Crede sul serio che bastino delle scuse a riempire il vuoto di un bambino senza padre, di una donna senza il proprio marito, se questo è il vostro pensiero avete sbagliato a fermarvi, prendete la vostra roba e proseguite per il sentiero ...”>> <<”Non voglio dire che bastano delle scuse, ma semplicemente che di certo non sono io il responsabile, purtroppo non posso ridarvi indietro i vostri cari, dopotutto l'hai detto proprio tu, non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, come esistono vietnamiti a sangue freddo e crudeli e vietnamiti che invece lavorano dalla mattina alla sera per sopravvivere, esistono anche marines che non guardano nessuno e uccidono chiunque e marines che invece credono nel valore della libertà e cercano di portarla nel mondo, io penso di appartenere ai secondi...Volevo proporvi un patto”>> <<”Parla...”>> <<”Se noi ora vi consegnamo tutte le nostre armi e le custodite fino a quando non ce ne andiamo, ci lasciate riposare nel vostro villaggio almeno per questa notte?Non penso che se avessi voluto uccidervi vi avrei lasciato le armi ...”>> La donna si voltò verso l'anziano e tradusse tutto quello che aveva detto Damian, l'uomo dalla barba bianca si prese un secondo per rispondere, poi ricominciò a parlare in quella lingua incomprensibile. La donna si girò verso i soldati e disse <<”Visto che ci state dando prova della vostra buona anima vi accettiamo nel nostro a patto che voi ci consegnate in questo preciso istante tutte le armi che voi avete con voi, fatto questo potrete rimanere quanto volete”>> Intorno si era formato un cerchio umano composto da un centinaio di persone , tutte in silenzio che ascoltavano il dialogo tra le due parti. <<”Accettiamo”>> rispose Damian , che poi ordinò ai suoi soldati di poggiare tutto a terra.

                                                                   Christian Di Iorio

mercoledì 17 giugno 2015

Romanzo-Poi si Vedrà-Scena 26

Scena 26
"Falsa Visione"
 
Sophie non credeva ai propri occhi. Sua figlia finalmente si era svegliata da un coma durato, fortunatamente, solamente un giorno e una notte. <<"Alice! Finalmente amore mio! Ti stavamo aspettando! Come ti senti?">> disse l'anziana donna. Alice non rispondeva, muoveva solamente gli occhi. Sophie aveva capito che la figlia non si era svegliata del tutto, fu per lei come sbattere contro un muro di cemento in piena corsa. Lentamente Sophie allontanò le mani dal volto della ragazza e si riaccomodò al proprio posto sulla sedia al fianco del lettino, scioccata da quella triste notizia. Intanto le parole di Sophie avevano svegliato il dottore che ora stava sbadigliando vistosamente. Con una voce ancora carica di sonno domando alla donna <<"Signora, cosa è successo? Perché si è alzata di colpo dalla sedia?">> l'anziana signora però non lo degnò di risposta. Allora il dottore si mise autonomamente alla ricerca della risposta della sua domanda. Il suo sguardo si soffermò sulle palpebre di Alice che erano aperte e lasciavano intravedere i suoi meravigliosi occhi azzurri che ballavano da sinistra a destra alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. Il dottor Bendy si alzò dalla sedia, percepiva dolori in qualsiasi parte del corpo, dopotutto quelle sedie non erano il massimo del comfort, portò la sua faccia di fronte a quella di Alice e osservò quel povero volto immobile. Poi esclamò <<"Bisogna chiamare i dottori!">> di corsa si cimentò nel lungo corridoio che collegava tutte le stanze del reparto, dimenticandosi completamente di ogni tipo di dolore che aveva percepito poco prima.
Sophie intanto aveva fatto mente locale e cercava di parlare alla figlia <<"Alice...non so come dirtelo, sei diventata grande, ma resti pur sempre la mia bimba sorridente che gioca nel salotto con le bambole, sei ancora la bambina che mi ha regalato tante gioie, quella che ho cresciuto, quella che aveva la risata contagiosa. Poi, tra un giorno e l'altro sei cresciuta, ti sei trovata un ragazzo, in poche parole sei diventata una donna. E' arrivato il giorno del matrimonio con Damian, ed insieme ad esso Sophie, sei andata via di casa per vivere con la tua nuova famiglia, quella che tu avevi scelto e formato...beh, ora che sei su quel lettino, ora che non giochi più in salotto con le bambole, ora che sei la signora Scott, volevo solo dirti e ricordarti che io ti ho sempre appoggiato in qualsiasi scelta tu abbia fatto, anche quando ti ho chiesto di lasciare Damian, sappi che l'ho fatto solamente per il tuo bene, perché sei la cosa più importante che ho, e vederti in quelle condizioni, condizioni che ti ha portato purtroppo la tua felicità, mi rattrista il cuore, mi fa piangere, mi crea dolore immenso, anche se mi sento meglio pensando che le scelte che hai fatto le hai fatte tutte per la ricerca della tua personale felicità, che spero tu sia riuscita a raggiungere. Ora come ora non posso fare niente, posso solo assisterti e fare una miriade di preghiere al giorno, sperando che il miracolo stavolta tocchi a noi, che Dio abbia posato il suo sguardo benevolo qui, in questa stanza ...">> Il lungo monologo fu interrotto dal rumore dei passi della truppe di dottori che stava correndo per raggiungere la stanza di Alice che rimbombava nel lungo corridoio.

sabato 13 giugno 2015

Romanzo-Poi si vedrà-Scena 25

                                                            Scena 25
                                                       "Il bosco maledetto"
Il bosco era molto spesso perché i pini erano disposti molto vicini e quasi non lasciavano tralasciare la luce. Aveva smesso di piovere, il terreno era ancora molto umido e i vari ramoscelli,foglie e muschio formavano un fanghiccio putrido che lasciava slittare gli anfibi dei soldati . Stavano camminando da parecchie ore, il fogliame sparso a terra risuonava in uno scrocchio ritmico a ogni singolo passo di ogni singolo soldato. I militari camminavano nel silenzio e seguivano Damian in fila indiana tenendo gli occhi ben aperti a ogni più piccolo movimento che avvistavano dietro ogni cespuglio, poteva benissimo essere un vietnamita che si teneva nascosto. Per ora niente , era tutto tranquillo e la loro marcia continuava spedita verso la probabile salvezza. L'uomo che si era caricato il gruppo sulle spalle e lo stava portando avanti era l'Ufficiale Scott , il quale non mostrava la minima smorfia di dolore o sofferenza in viso. Il resto del gruppo invece sembrava già logoro moralmente e fisicamente. C'era chi zoppicava,d'altronde gli anfibi non erano le migliori scarpe per percorrere chilometri su chilometri, chi invece respirava affannosamente ,chi ogni tanto si piegava su se stesso divorato dai crampi allo stomaco e poi c'era chi teneva compagnia a Damian e si dimostrava consono a quella missione,ovvero il sotto-ufficiale Spike. Anch'egli non aveva un minimo accenno di stanchezza e procedeva spedito per la sua strada,dimostrando che le parole che aveva detto al suo nuovo compagno di avventura erano del tutto veritiere.
Il sole stava tramontando e allora Damian decise che forse era meglio fermarsi per qualche ora per rifiatare un po per poi riprendere il cammino verso l'accampamento <<”Ragazzi ci fermiamo per qualche ora , poi riprendiamo “>> esclamò l'Ufficiale, la notizia fu accolta da tutti da un lungo sospiro, era proprio quello che stavano aspettando. Cercarono di accendere un fuoco , per asciugare gli indumenti bagnati dalla pioggia, ma l'idea fu inutile dato il fango di fondo del bosco . Le ore e i minuti sembravano non passare mai in quella fitta vegetazione , gli alberi sembravano sussurrare qualcosa ogni volta che il vento li accarezzava , i soldati si erano distesi, per modo di dire, su dei lunghi tronchi di albero abbattuti ,forse, da qualche tempesta. Era l'unica cosa leggermente asciutta sulla quale dormire,si distesero tutti e poggiarono la testa su di un cuscino formato dalle foglie strappate dai cespugli, cercarono di dormire,ovviamente senza riuscirsi. Il tempo passava , la notte era arrivata e l'umidità insieme ad essa, ora faceva molto freddo,contrariamente a qualche ora prima  e gli insetti avevano ripopolato abbondantemente l'aria. Nel gruppo c'era già chi piangeva disperato e si tirava i capelli...beh, quello era solamente l'inizio...